Editoriale | Febbraio 2021

l’impresa è un atto creativo e l’imprenditore è un “creatore”. Immaginare qualcosa che migliori la vita di chi la usa è all’origine di ogni avventura imprenditoriale. Desiderare che arrivi al più grande numero di persone ne è l’evoluzione industriale. Desiderare che ciò che si è immaginato sia buono per sé, per gli altri e per il pianeta è alla radice del processo che chiamiamo purpose-led economy.

I processi generativi sono difficilmente opera di un solo ingegno ma non possono prescintere da quello dell’imprenditore, che alla visione aggiunge pezzo per pezzo gli strumenti, le persone e i modelli organizzativi per realizzarla.

Noi guardiamo con ammirazione agli imprenditori migranti, coloro che scelgono deliberatamente le nostre comunità come luoghi in cui creare valore. Ne stiamo incontrando tanti e ci affascinano sempre di più.

Sono sicuramente soggetti da coinvolgere per mettere in moto una transizione sociale, sola forza capace di garantire anche la transizione ambientale che spesso le viene anteposta.

Le imprese a trazione multiculturale nascono e muoiono in maggior numero rispetto a quelle native, dimostrandosi il segmento imprenditoriale più dinamico della nostra economia. Ma se l’atto generativo, la nascita dell’impresa, è facile da celebrare, sicuramente meno seducente è quello più oscuro, legato al fallimento, la morte dell’impresa.

Ci siamo chiesti quindi in che modo persone di cultura diversa elaborino il lutto per la scomparsa della propria visione, idea e creazione.

L’analogia si è fatta ancora più ardita quando abbiamo accostato la morte dell’impresa alla morte biologica. Troppo complesso, da soli non riuscivamo ad andare avanti, così abbiamo interpellato Michele Sapucci Senior Mental Health Project Officer at Transcultural Mental Health Centre di Sydney che ci ha pazientemente spiegato come l’idea della morte sia interiorizzata e ritualizzata in maniera completamente diversa a seconda della cultura di appartenenza.

Lo ammettiamo, dobbiamo ancora capire se la nostra intuizione ci porterà da qualche parte o la lasceremo morire, ma nel frattempo un viaggio agli antipodi con Michele vale sicuramente la pena.

Matteo Matteini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *